Il rapporto tra musica e letteratura russa può essere affrontato da svariati punti di vista: dal punto di vista del rapporto che intrattennero letterati e poeti con la musica del loro tempo, dal punto di vista del rapporto che intrattennero i musicisti russi con la letteratura della loro epoca, o del modo in cui la musica stessa appare dentro la letteratura e la poesia russa. Non potendo esaminarli tutti in un incontro dal tempo limitato sarà comunque di grande fascino esaminare rapidamente cosa fosse la musica per i poeti contemporanei di Rachmaninov (1973-1943) e quali rapporti egli intrattenesse con i poeti della sua epoca e quali amasse particolarmente.
Le parole Musica e Musa hanno la stessa radice e non ci stupisce che i poeti abbiano sempre evocato la musica come una sorta di vibrazione cosmica che non poteva non rispecchiarsi nei versi.
Marina Cvetaeva annotava: “Scrivo poesie quando la musica risuona nel mio cuore”.
Un altro importante poeta, Lev Ozerov (scomparso nel 1996), esortava i poeti ad amare la musica:
“Amate la musica, poeti,
“nella vostra difficile
e silenziosa ora
“Essa in ogni angolo del mondo
“senza insegnarvi vi istruirà.
I poeti amavano la musica. Vi s’ispiravano. Creando opere poetiche, i maestri della parola spingevano i compositori a creare opere, e a mettere in musica canzoni e romanze in cui la geniale combinazione di due talenti evocava sentimenti profondi nel pubblico.
Quando si studia la letteratura russa ci si accorge che proprio i momenti di eclisse dell’ispirazione poetica sono contrassegnati dalla fioritura della prosa e i periodi in cui, come gli anni compresi fra il 1820 e il 1850, nessuno divenne “maestro del Verbo” (come osservava Roman Jakobson) testimoniano della nascita di grandi compositori, come Borodin, Musorgskij, Čajkovskij, Rimskij-Korsakov, quasi a intendere che poesia e musica si rivelano come manifestazioni monadiche, sostanziando di sé ora la forma poetica, ora la forma musicale e dando espressione a sempre nuove armonie. Ed è proprio intorno alla metà del XIX secolo che l’incontro fra poesia e musica dà luogo alla forma artistica della romanza, alla quale si dedicarono i più noti compositori dell’epoca – Čajkovskij in primis, poi, appunto, Rachmaninov, Rimskij-Korsakov, ma anche Aljb’ev, Verlamov, Glinka, Gumilëv, Dargomyžskij, Kjui, Sviridov.
Sergej Vasil’evič Rachmaninov era chiamato “l’ispirato poeta dei suoni” da tutti coloro che ascoltavano le sue opere e conoscevano le sue capacità esecutive, egli stesso era un vero appassionato di poesia, leggeva i suoi autori preferiti e dava ai versi un significato nuovo, incommensurabilmente più profondo, nella loro incarnazione musicale.
Nelle sue numerose romanze Rachmaninov s’ispirò ai versi di molti poeti sia del Secolo d’Oro che d’Argento, soprattutto i versi in cui sentiva la natura russa, la sua bellezza e la sua vastità.
Tra i poeti della vecchia generazione Rachmaninov amava particolarmente Afanasij Fet che leggeva e rileggeva instancabilmente negli anni giovanili. Amava anche Fëdor Tjutčev , Michail Lermontov o Nikolaj Nekrasov.
Mentre viveva all’estero, Rachmaninov continuò a mostrare sempre un vivo interesse per la letteratura russa e in particolare la poesia lirica tardo-romantica: “Amo la betulla russa, sia luminosa che triste…” Le immagini della sua terra natale con boschetti di betulle, fiumi e stagni, lillà in fiore lo riempivano di nostalgia per la patria lontana. Quei ricordi e quelle immagini tornavano a balenare vividamente nella mente del compositore che, per dirla con Mandel’štam, “pieno di musica, di musica e di angoscia”, trovava conforto solo nella musica, nella quale trasferiva tutto il tormento della sua anima…
Rachmaninov rimase un uomo del XIX secolo, per sensibilità, per l’indole romantica, egli fu indubbiamente testimone della fine dell’Individualismo e dell’Umanesimo che travolse molti poeti, e che Aleksandr Blok spiegava così: “la civiltà muore, nasce un nuovo movimento, il quale sorge dalla stessa forza musicale e quel movimento si distingue già per tratti nuovi, non assomiglia più a quello precedente… Là, sottoterra, nacquero rumori e brusii musicali che presero a risuonare nelle voci delle masse barbariche, nelle voci dei grandi artisti dell’epoca; così si allargava la nuova fiumana che per un secolo era fluita sotto terra, infrangendo ora qua ora là la crosta della civiltà, erompendo con forza irrefrenabile, permeata dallo spirito della musica. Questa musica è un coro selvaggio, un grido discorde per l’udito civilizzato”.
Video alla conferenza stampa di presentazione della rassegna.
Ornella Calvarese, collaboratrice ed esperta linguistica UnivAQ