Una recente collaborazione tra fisici dell’Università degli Studi dell’Aquila, dell’Istituto SPIN del CNR e dell’Università di Vienna ha portato alla pubblicazione sulla rivista Nature Communications di un lavoro innovativo sulla superconduttività in un nuovo materiale a base di idrogeno, il LuH3 (idruro di lutezio). La scoperta rappresenta un passo importante verso la comprensione delle proprietà degli idruri e la ricerca di nuovi materiali superconduttivi con temperature critiche più alte e condizioni operative più pratiche, mantenendo viva la speranza di un futuro energetico più efficiente.
La superconduttività, fenomeno scoperto oltre un secolo fa, consente ad alcuni materiali di azzerare la resistenza elettrica e respingere i campi magnetici, permettendo il trasporto di corrente senza dispersione di energia. Questa proprietà potrebbe rivoluzionare il panorama energetico globale, ma finora il fenomeno è osservabile solo in specifici materiali a temperature estremamente basse (tipicamente sotto i -200°C), limitandone le applicazioni.
Negli ultimi anni, l’attenzione si è concentrata sugli idruri, composti metallici ricchi di idrogeno. Questi materiali hanno mostrato transizioni superconduttive a temperature critiche insolitamente elevate, fino a -70°C. Tuttavia, per ottenere la superconduttività, sono necessarie pressioni straordinariamente alte, simili a quelle presenti al centro della Terra, creando un nuovo ostacolo pratico. Per questo, i ricercatori stanno cercando idruri che operino a pressioni più vicine a quella ambiente.
La recente notizia della scoperta di superconduttività in condizioni ambientali in un idruro formato da atomi di lutezio con impurezze di azoto, LuH3, aveva generato entusiasmo sia nella comunità scientifica sia nell’industria tecnologica.
Tuttavia, questa scoperta si è rivelata irriproducibile, accompagnata da accuse di frode scientifica.
Lo studio condotto dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Fisiche e Chimiche e dell’Istituto SPIN del CNR, formato dal dottorando Pietro Maria Forcella, dal ricercatore Cesare Tresca e guidato dal docente Gianni Profeta, ha utilizzato tecniche computazionali avanzate, come il machine learning, per chiarire le proprietà fisiche del LuH3.
Le simulazioni hanno rivelato che la presenza di impurezze di azoto induce la formazione spontanea di molecole di idrogeno nel materiale. Questo fenomeno favorisce le condizioni per la superconduttività a pressione ambiente, ma la temperatura critica prevista (-260°C) rimane molto lontana dalla temperatura ambiente.
Sebbene il lavoro confermi l’impossibilità di ottenere la superconduttività in condizioni ambientali con il LuH3, apre nuove prospettive sull’utilizzo dell’idrogeno molecolare tramite drogaggio chimico e, in particolare, sottolinea il ruolo delle fasi metastabili negli idruri, che spiegano le difficoltà di riprodurre esperimenti superconduttivi. Tali fasi, poco stabili e difficili da controllare, potrebbero essere un elemento chiave per comprendere le variazioni nei risultati sperimentali osservati finora.
Link all’articolo https://doi.org/10.1038/s41467-024-51348-z
Gianni Profeta, docente Dipartimento Scienze fisiche e chimiche