Molto tempo fa un contadino andò al mercato e comprò un lupo, una capra e dei cavoli. Sulla strada di casa, arrivò alla riva di un fiume e noleggiò una barca per poterlo attraversare.
La barca, però, poteva trasportare, oltre a lui, soltanto uno tra il lupo, la capra e i cavoli. Se lasciati incustoditi, il lupo avrebbe mangiato la capra, o la capra avrebbe mangiato i cavoli.
Il dilemma del contadino è quindi il seguente: come li avrebbe potuti trasportare sull’altra riva del fiume, evitando di lasciarli incustoditi?
Grazie al suo ingegno, il contadino riuscì a “nascondere” l’oggetto del desiderio, e raggiunse con successo l’altra sponda del fiume.
A volte noi chimici organici dobbiamo attuare la stessa strategia del contadino della storia: nascondere alcuni partner reattivi da altri. Ma come è possibile fare ciò?
Le industrie farmaceutiche sono importanti per la scoperta di nuovi farmaci e per la loro produzione. Ogni farmaco è stato preceduto da anni di studio, prima per trovare la struttura molecolare migliore, poi per testarlo e infine per sviluppare una sintesi industriale.
Incentriamoci in particolare sulla sintesi. Immaginate di voler sintetizzare una molecola, ma di poterlo fare soltanto con strumenti molto costosi, oppure di riuscire a ottenerla in quantità molto basse. Ora immaginate di essere un’azienda che deve produrre grandi quantità di questa molecola: è conveniente farlo a queste condizioni?
La risposta è, verosimilmente, no. Ecco, qui entra in gioco l’ottimizzazione sintetica che deve soddisfare una serie di requisiti, per esempio la resa del prodotto finale, oppure la sua enantioselettività. Quest’ultima è imprescindibile; ciò significa che, sebbene alcuni farmaci possano essere assunti come miscele di enantiomeri, altri devono essere enantiomericamente puri, perché l’enantiomero sbagliato potrebbe causare gravi effetti collaterali. Dunque, nel secondo caso entra in gioco la sintesi asimmetrica, grazie alla quale possiamo ottenere prevalentemente un enantiomero rispetto ad un altro – un po’ come scegliere di avere due mani destre o due mani sinistre.
A tal proposito, Giuliana Giorgianni e Valeria Nori, dottorande in chimica organica del DSFC nell’Università degli Studi dell’Aquila, hanno sviluppato un protocollo per la sintesi di derivati γ-amminoacidici, importanti frammenti di vari farmaci.
Le due ricercatrici hanno messo a punto una cosiddetta reazione di Michael enantioselettiva fra derivati di nitroalcheni e l’acetaldeide. Benché la reazione in sé potrebbe sembrare banale a prima vista, presenta sfide notevoli dal punto di vista dello sviluppo di un processo industriale.
L’utilizzo dell’acetaldeide come tale non è semplice: è una sostanza tossica, estremamente reattiva e con la tendenza a formare oligomeri; inoltre ha un punto di ebollizione di 21 °C e ciò rende il suo impiego in industria estremamente complicato dal punto di vista della sicurezza. Protocolli analoghi erano stati pubblicati nel 2008; i risultati erano innovativi ed estremamente interessanti, ma le procedure risultavano di difficile applicazione industriale. Infatti, veniva usato un largo eccesso di acetaldeide e un carico catalitico elevato.
Nello sviluppare questa nuova procedura, Giuliana e Valeria, hanno eliminato l’utilizzo dell’acetaldeide sostituendola con un suo precursore che, in presenza di acqua e un acido immobilizzato su una resina, può liberare l’acetaldeide direttamente in situ andando a limitare notevolmente le problematiche relative all’utilizzo di acetaldeide. Hanno inoltre ridotto il carico dell’organocatalizzatore, fondamentale per l’induzione di enantioselettività.
Nella figura che segue vengono riportati due farmaci, baclofen (antispasmotico) e pregabalin (antiepilettico ed anticonvulsivante), la cui sintesi è stata formalmente dimostrata dalle ricercatrici. Il protocollo sviluppato porta il costo di un potenziale processo industriale nel range che lo rende competitivo per la produzione di farmaci generici e per, quindi, rendere accessibili le medicine a più ampie fasce della popolazione mondiale a basso costo.
L’articolo è disponibile open access al seguente link https://doi.org/10.3390/catal10111296
Carlone Armando – Professore associato Dipartimento di Scienze fisiche e chimiche