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venerdì, Maggio 10, 2024

La ricerca scientifica traslazionale

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Intervista al prof. Mauro Maccarrone

Nel 2020, per i suoi studi sulla biochimica degli endocannabinoidi, ha ricevuto il Tu Youyou Award, prestigioso premio internazionale biennale. Oggi, con l’uscita di UANletter, vogliamo raccogliere il punto di vista sulla ricerca e le prospettive future proprio con il vincitore del premio, Mauro Maccarrone, ordinario di biochimica del Dipartimento di Scienze cliniche applicate e biotecnologiche dell’Università degli Studi dell’Aquila.

Prof. Maccarrone, può raccontare le origini e l’importanza di questo premio dedicato a chi, pur lavorando in laboratori biotecnologici all’avanguardia, ha avuto il merito di riportare alla luce antiche usanze di medicina naturale?

Intitolato alla prof.ssa Tu Youyou, farmacista cinese che ha ricevuto il Premio Nobel per la Medicina o Fisiologia nel 2015 per la cura della malaria, il riconoscimento viene assegnato ogni due anni da una Commissione internazionale per il contributo dato da ricercatori impegnati nello studio della chimica farmaceutica e di quella delle molecole naturali utili alla salute umana. Nel 2016 il premio è andato al professor Kenneth A. Jacobson, responsabile della chimica farmaceutica dei National Institutes of Health (NIH) americani, e nel 2018 al Professor Barry V.L. Potter, ordinario di chimica farmaceutica e biochimica della University of Oxford.

La scoperta da parte della dott.ssa Tu dell’artemisinina, un principio attivo estratto dall’artemisia annuale (Artemisia annua), nota alla medicina tradizionale cinese, ha ricordato al mondo scientifico le potenzialità terapeutiche che la Natura ha messo in alcuni dei suoi prodotti.

Lei professore è stato premiato per i suoi studi sulla biochimica degli endocannabinoidi. Cosa sono e come funzionano?

Gli endocannabinoidi sono composti endogeni di natura lipidica, naturalmente presenti nel nostro organismo dove giocano un ruolo assai importante per la salute. Essi agiscono attraverso una rete complessa di recettori e trasportatori, sotto lo stretto controllo di enzimi metabolici che ne determinano in ogni momento il contenuto intracellulare e, quindi, l’attività biologica.

Quale la  differenza tra endocannabinoidi e fitocannabinoidi?

I composti estratti dalla canapa (Cannabis sativa o indica) sono terpeno-fenoli, chimicamente molto diversi dagli endocannabinoidi, che sono derivati di acidi grassi come l’arachidonico. In effetti, le nostre cellule non sanno né sintetizzare né degradare i fitocannabinoidi, che però riconoscono gli stessi bersagli recettoriali degli endocannabinoidi, in qualche modo “usurpandone” le attività. Per questo motivo i fitocannabinoidi modificano, in chi li assume, appetito, umore, percezione del dolore, capacità cognitive, attenzione, memoria, apprendimento e altre funzioni come quella immunitaria e riproduttiva. Negli ultimi trent’anni il mio gruppo di ricerca ha contribuito a comprendere meglio i meccanismi con cui funzionano gli endocannabinoidi e, quindi, i fitocannabinoidi.

La Commissione ha voluto premiare “il grande potenziale traslazionale e l’innovazione per il trattamento di numerose patologie umane che i suoi studi hanno aperto in un campo di ricerca assai competitivo”. Ce lo può spiegare?

L’approccio traslazionale costituisce un modello di integrazione di discipline, di metodologie di ricerca e di modelli di pratica clinica orientati alla individuazione delle soluzioni migliori, in termini di conoscenza e di intervento. Superando la distinzione tra ricerca di base e pratica clinica, si focalizza nel trasferimento della conoscenza scientifica secondo il modello “dal laboratorio al letto del paziente”.

Capire in che modo una rete complessa di segnali, finemente regolata a più livelli, riesca ad evitare che processi normali (fisiologici) vengano perturbati al punto di diventare incontrollabili (patologici) è assai importante per cercare di curare disturbi molto diffusi tra la popolazione umana, come per esempio l’ansia, la depressione, la neurodegenerazione/neuroinfiammazione (morbo di Alzheimer, di Parkinson, di Huntington) e persino disturbi della sfera riproduttiva. Immaginare di poter intervenire su queste alterazioni con composti naturali (come la cannabis terapeutica), tenendo anche conto delle differenze individuali che il sistema endocannabinoide può presentare in ciascuno di noi, è una delle sfide più attuali della ricerca scientifica (medicina personalizzata).

La ricerca di successo è il frutto di un lavoro condiviso quotidianamente in laboratorio da un gruppo di ricercatori. È così anche nel suo caso?

Assolutamente sì! Sono contento, infatti, che questo riconoscimento renda merito al lavoro svolto da un nutrito gruppo di ricercatori italiani che ho il privilegio di coordinare e che operano negli Atenei e nelle istituzioni abruzzesi e romane per le quali ho lavorato negli ultimi trent’anni.

Riferimenti bibliografic

Maccarrone, M., Rapino, C., Francavilla, F. and Barbonetti, A. “Cannabinoid signalling and effects of cannabis on the male reproductive system”. Nature Rev. Urol. 18 (2021) 19–32.

Maccarrone, M. “Phytocannabinoids and endocannabinoids: different in nature”. Rend. Fis. Acc. Lincei 31 (2020) 931-938.

Simonetta D’Amico, professoressa ordinaria Dipartimento di Scienze cliniche applicate e biotecnologiche

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