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Tempesta solare in corso: che cosa sta succedendo?

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Un’espulsione di massa coronale (CME) “full halo” ha lasciato il Sole il 30 agosto durante un brillamento solare di classe M2.7 proveniente dalla regione di macchie solari 4199, che in quel momento si trovava in una posizione perfettamente orientata verso la Terra Il fenomeno si può vedere dal contorno dell’alone nelle immagini animate del coronografo LASCO C2 (Figura 1). Il termine “full halo” significa che la perturbazione proveniente dal Sole appare nelle immagini del coronografo (uno strumento che oscura il disco solare per osservare la corona) come un alone luminoso che circonda completamente il Sole.

Figura 1: Immagini del coronografo SOHO/LASCO relativi alla CME del 30 Agosto 2025. Credits NASA.

Come si vede dai dati dei satelliti geostazionari GOES, che orbitano a una distanza dal nostro pianeta di circa 42.400 km (corrispondenti a 6.6 volte il raggio della Terra), la CME ha raggiunto il nostro pianeta la sera del 1° settembre intorno alle 20.30 UT, in accordo con i nostri modelli che ne avevano previsto l’impatto alle 20.00 UT, con una tolleranza di più o meno 6 ore. Si vede infatti su entrambi i satelliti, una grossa e veloce variazione positiva del campo magnetico terrestre (linea rossa e linea blu).

Figura 2: Dati preliminari dei satelliti GOES. Credits NASA.

Il servizio meteorologico spaziale della NOAA aveva emesso un’allerta per tempesta geomagnetica forte (livello G3) per il 2 settembre. Fortunatamente, la CME, sebbene caratterizzata da una velocità molto elevata (quasi 700 km/s) trasporta con sé, almeno per ora, un campo magnetico di origine solare positivo, ossia equiverso a quello del nostro pianeta. Questo ha reso, di fatto, il nostro scudo magnetico impenetrabile per la radiazione particellare proveniente dal Sole, provocando semplicemente una compressione del nostro campo magnetico e confinando gli effetti della CME alle altissime latitudini dove si sono viste splendide aurore (Figura 3) di colore verde (generate dall’interazione con l’ossigeno atmosferico) e viola (generate dall’interazione con l’azoto atmosferico).

Il gruppo di Space Weather dell’Università degli Studi dell’Aquila sta monitorando l’evoluzione della perturbazione grazie ai dati provenienti dalla rete di magnetometri (misuratori di campo magnetico) Europea EMMA (European quasi-Meridional Magnetometric Array) che gestisce insieme ad altri partner europei. “La situazione per ora non ci preoccupa perché, per fortuna, il nostro scudo magnetico è stato efficiente e ci ha protetti dagli effetti peggiori che questo tipo di eventi può generare – afferma il prof. Mirko Piersanti, docente del DSFC Dipartimento di Scienze fisiche e chimiche -. Tuttavia, la situazione può cambiare perché questo tipo di eventi ha carattere fortemente variabile, nel senso che il campo magnetico di origine solare trasportato dalla CME potrebbe ruotare e disporsi in maniera inversa rispetto a quello terrestre. In questo caso il nostro scudo subirebbe un’erosione lasciando passare la radiazione particellare della CME che penetrerebbe a più basse latitudini”.

Figura 3: Foto di David Glaser dalle Cascate Gooseberry in Minnesota (USA). Credits: Space Weather Gallery.

La dott.ssa Giulia D’Angelo, ricercatrice del DSFC – Dipartimento di Scienze fisiche e chimiche ed esperta di aurore del gruppo di Space Weather dell’Università degli Studi dell’Aquila, aggiunge: “Se questo dovesse accadere, oltre ad avere aurore a più bassa latitudine come accaduto per le tempeste di maggio e ottobre dello scorso anno, potrebbe rappresentare un problema per le reti elettriche nazionali europee che sarebbero esposte a dei carichi elettrici indotti dalla CME troppo elevati e portare, al limite, ad una serie di black-out. Nonché, danni alle telecomunicazioni e ai satelliti GPS”.

Il prof. Piersanti conclude: “Per ora, come si può vedere dai primi dati a nostra disposizione, la situazione è più che tranquilla con correnti elettriche indotte confinate alle alte latitudini e di intensità medio-bassa”.

Le prossime ore saranno cruciali per capire l’intensità di questa tempesta.

Figura 4: Correnti indotte a terra lungo la rete di magnetometri Europea EMMA al momento dell’arrivo della CME. Credits: Università degli Studi dell’Aquila.

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