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Monte Camicia, tra geologia e memoria: pubblicato un nuovo studio

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È stato recentemente pubblicato su Documenti geografici un nuovo studio dal titolo “La miniera di bitume del Monte Camicia (Gran Sasso – Abruzzo): un geosito da valorizzare”, frutto del lavoro congiunto di quattro studiosi dell’Università degli Studi dell’Aquila: Gianluca Ferrini, Antonio Moretti, Marco Patacci del Dipartimento di Medicina clinica, sanità pubblica, scienze della vita e dell’ambiente (MESVA), ed Elio Ursini, dell’Ufficio Igiene e sicurezza. Il contributo offre un’approfondita lettura multidisciplinare di uno dei luoghi più affascinanti e meno conosciuti dell’Appennino centrale: il versante meridionale del Monte Camicia, nel cuore del Gran Sasso. L’approccio evidenzia la stretta connessione tra geologia e geografia umana che rende il sito particolarmente adatto per esperienze di didattica ambientale.

Lo studio indaga le peculiarità geologiche e storiche dell’area, ricostruendo il contesto naturalistico e umano che ha portato alla nascita – e al successivo abbandono – di un ambizioso progetto minerario avviato negli anni Trenta del Novecento per l’estrazione di scisti bituminosi. L’iniziativa si inseriva nel più ampio quadro delle politiche autarchiche fasciste, volte a sfruttare risorse nazionali in alternativa alle importazioni.

Lungo le pendici del Monte Camicia, in una zona ancora oggi nota come “Miniera di Lignite” (più correttamente “Miniera di bitume”), sorse un insediamento industriale sperimentale, mai entrato in funzione a causa del sopraggiungere della guerra. Nell’’area sono ancora oggi visibili i ruderi, tracce tangibili di quel tentativo di industrializzazione montana, oggi di grande valore storico e paesaggistico.

Il lavoro pubblicato dagli studiosi dell’Università degli Studi dell’Aquila ripercorre inoltre un tragico episodio del 1958, quando tre tecnici dell’AGIP persero la vita durante una campagna di rilevamento geologico sul Monte Camicia. L’incidente ebbe un forte impatto mediatico e fu determinante per la nascita del Soccorso Alpino nell’Italia centrale.

Accanto agli aspetti storici e umani, lo studio approfondisce le caratteristiche geologiche e idrogeologiche dell’area, riconoscendone il grande valore scientifico e didattico. Le formazioni di Dolomia bituminosa affioranti, la presenza di sorgenti e le evidenze tettoniche rendono il sito un esempio di primaria importanza per la comprensione dell’evoluzione geologica dell’Appennino centrale.

Lo studio si conclude con l’auspicio che l’area possa essere riconosciuta come geosito di interesse regionale o nazionale, valorizzata nel contesto del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, e resa fruibile anche a fini didattici, escursionistici e culturali.

Il lavoro conferma l’impegno dell’Ateneo aquilano nella ricerca scientifica e nella tutela del patrimonio naturale e culturale del territorio, contribuendo alla conoscenza e alla valorizzazione di un angolo straordinario dell’Appennino abruzzese.

Lo studio è disponibile a questo link.

Nel video, il commento allo studio del prof. Gianluca Ferrini, docente di Geologia e speleologia a UniVAQ:

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